| Continuo con un altro mito di platone"la nascita dell'amore" Quello scritto in rosso riguarda i miei pensieri
I primi abitanti della terra erano androgeni, uomo-donna fusi insieme. Essendo troppo arroganti nei confronti degli deii, Zeus lanciando un fulmine li separò in 2 metà. Platone dice che l'amore è la ricerca della propria metà. “Quando nacque Afrodite, gli dèi banchettarono e, tra gli altri, c’era anche il figlio di Metis (Perspicacia), Poros (Espediente). Dopo che ebbero cenato, arrivò per mendicare, essendoci appunto un gran banchetto, Penia (Povertà) e se ne stava vicino alla porta. Poros, ubriaco di nettare – il vino, infatti, non esisteva ancora – penetrato nel giardino di Zeus, appesantito dal bere si addormentò. Penia, allora, architettando, per la mancanza di risorse, di farsi fare un figlio da Poros, si sdraiò al suo fianco e restò incinta di Amore. È per questo che Amore divenne seguace e servitore di Afrodite, perché fu generato nelle feste della sua nascita. E per questo anche è per natura amante del bello, perché anche Afrodite è bella.[..]” (Platone, Simposio)
Eros, l’amore è la forza mediatrice tra sensibile e soprasensibile, forza che eleva dalla bellezza sensibile alla bellezza in sé, al tempo stesso Eros è la forza che eleva al Bene (per l’identità di Bello e Bene).
Eros non è bello, ma è desiderio di bellezza, perciò non è un Dio, ma neppure un uomo, Eros è un demone, cioè uno di quegli esseri che trasmettono agli dei i desideri umani e agli uomini i voleri divini, colmano il vuoto tra i due mondi (Simposio).
È figlio di Penia e di Poros, dunque è povero e pieno di espedienti ed è filosofo perché non essendo Dio non ha la sapienza, ma non essendo uomo non è ignorante, aspira al sapere.
Così amore è desiderio del Bene, del Bello, ma anche della Sapienza, della Felicità, dell’Immortalità, dell’Assoluto.
Nella scala dell’Eros si parte dall’amore fisico come desiderio di possedere un corpo bello per generare nel bello un altro corpo (immortalità nella generazione), poi vi sono gli amanti fecondi nelle anime, poi gli a manti delle scienze e delle leggi, infine vi è la visione del Bello.
"Questo mito è molto bello e riconduce come tutti gli altri miti alla ricerca del sé, inteso in senso universale (il Tutto) Non ricerchiamo forse nell’amore qualcosa che trascenda da tutto, che penetri in noi, che ci ubriachi di desiderio dell’altro per far emergere il lato più nascosto ed anche il migliore di noi stessi?” Così amore è desiderio del Bene, del Bello, ma anche della Sapienza, della Felicità, dell’Immortalità, dell’Assoluto”Platone Una persona innamorata la vediamo diversa, i suoi occhi brillano di più, la sua pelle diventa più luminosa, tutto il suo corpo irradia intorno un alone che avvertiamo. “Così l’amore è nostalgia dell’assoluto, tensione verso il trascendente, desiderio di tornare tra gli Dei.Platone simposio Il miracolo si compie quando avviene l’incontro , e su quel piano le anime si toccano, si percepiscono ‘a volte senza la coscienza di ciò che sta avvenendo! Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l' uno dall' altro.Non si può certo credere che siano solo i piaceri fisici la causa della gioia immensa che provano nella reciproca convivenza.E' chiaro che l' anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace a dire e perciò la esprime con vaghi presagi(192 c-d).
domanda di sissi? che cosa sono i "vaghi presagi?"
SUL MITO DELLA CAVERNA:
Su questo mito non mi dilungherò... avete già espresso voi quello che è anche il mio pensiero. Vorrei solo fare una precisazione, toccare un aspetto un po' più a fondo di quanto non abbiate già fatto.
Platone presenta il mito per evidenziare l'opposizione apparire/reale e quindi mondo sensibile/idee, ma il suo valore non cade con la teoria delle idee. Nel presentare la sua dottrina, Aristocle pone un problema fondamentale in filosofia, anzi io credo IL PROBLEMA FONDAMENTALE, che verrà poi continuato in più sfumature da filosofi più recenti come Cartesio o Berkeley e Kant. Questo problema è "Dov'è la verità? E' qui davanti a me, o quel che vedo (l'immediato) è solo illusione?".
La forza di questo racconto sta nell' Universalità del problema che pone! Non c'è filosofia che possa evitare questo problema: non igreci, non la patristica e la scolastica, non il sensismo/empirismo, non il razionalismo, non il criticismo, non la scienza.
Il Dubbio è lo spirito della filosofia e qui Platone lo ha chiarito una volte per tutte.
Guerzo
P.S. : Tornerò a scrivere qualcosa sul Simposio^^
sissi Grazie della bella risposta, non può farci che piacere se tornerai a chiarirci il significato del Simposio. Per noi è tutta manna perchè amiamo la filosofia più di ogni altro argomento, in quanto ci porta dentro agli altri argomenti con pensieri pronti ad accoglierli da una base predisposta a valutarli sia con più chiarezza, ma anche con più serenità. perla Guerzo, ho trovato sul mio pc questo scritto datato 11 giugno, ma non so dove l'ho copiato. Mi sembra interessante, e anche piacevole come lettura,lo posto.
11 giugno Pensiero La ricerca di una attimo di pace è inutile, non perchè la pace non esista, ma perchè è così noiosa che le difficoltà diventano necessità inconsce. Inconsce. Perchè? Perchè altrimenti la ricerca di qualcosa da cui fuggire, da cui salvarsi sarebbe inutile... non che sia utile comunque. E' educativo, anche gratificante, ma utile mai... Il meccanismo si rompe quando l'inconscio diventa conscio. Come succede? Quando succede? Esattamente nell'attimo nel quale si è più indifesi da se stessi, ovvero quando non abbiamo null'altro da fare che pensare... Eppure è giusto continuare questo circolo vizioso nell'ignoranza? o è meglio svegliarsi, uscire dalla caverna delle ombre per vedere il mondo reale?Uomo, se esci non tentare di tornare mai più, ti uccideranno, non svegliare i dormienti, ti uccideranno, non tentare di togliere loro le catene per condurli fuori, ti uccideranno. Sei uscito? No, non ancora, pensaci un attimo... sentiresti la mancanza della caverna? saresti solo! vorresti tornare indietro? Perchè lo sai, nessuno si ricorderebbe di te, ma tu ti ricorderesti di loro, saresti triste perchè loro stanno ancora dormendo, perchè si perdono il giorno, perchè si perdono la vita, perchè sono come morti. Se ti sveglierai ti sentirai piccolo, inutile, insicuro, così tanto che non saprai neanche se è vero che sei uscito o se è ancora tutto un sogno. Da parte mia posso solo dirti che io non ho idea di chi sono e quale sia la mia condizione, so solo che preferisco mille volte sentirmi piccola ma poter decidere di sognare che sentirmi grande e vivere nella morte, senza poter cambiare le cose. Sarai solo, all'inizio, ma prima o poi incontrerai qualcun'altro, qualcuno come te, un bambino, un vecchio, uno streniero in terra straniera, qualcuno che non sospetteresti mai di avere affianco, che ti vorrà bene semplicemente. E non sarai mai solo. Potrei essere io? Non penso, io non so chi tu sia, ma anche tu, amico mio, non sai chi sono, perchè ciò che vedi altro non è l'idea che tu hai di me, e l'idea si basa su singoli episodi. La conoscenza, a parer mio, si basa sull'entrare a contatto con i sensi, con la mente... e più contatto c'è , più l'immagine che tu hai di me potrà assomigliarmi, ma solo io posso conoscere il mio io,e credimi, non ti immagineresti mai chi sono veramente. Però vorrei essere io. Perchè il legame che ci unirebbe sarebbe una nuova difficoltà, e che tu sia un ragazzo, una ragazza, un adulto, un' adulta, non importa, perchè parlare sarebbe comunque difficile e bellissimo. Appena i tuoi occhi si saranno abituati alla luce ed avrai sedato le tue paure e i tuoi pregiudizi io sarò quì.
Lo stile sembra quello di Nietzsche XD
Però non è lui..... non lo riconosco nelle posiioni prese nel brano...
Comunque molto bello!
Domani (o comunque al più presto) verrò per postare le mie riflessioni sul Simposio.
Guerzo
Grazie, ciao!
Chissà dove l'ho preso, non mi sembra possa essere di un utente, svolge il tema della volontà e del piacere del conoscersi in chiave poetica. A volte le persone ci fanno passare, a causa di un particolare dialogo con la parte sensibile più esposta, momenti molto piacevoli. Sono sensazioni belle da vivere, capitano a tutti. Ma sono sempre di passaggio, pur se a volte ritornano.
Rieccomi come promesso per parlare del Simposio o, più che altro, del tema principale che tratta: l'amore.
Domenica 20 settebre 2009 ho assistito al festival della filosofia a Modena. Il tema di quest'anno è stato "la Comunità". Voglio parlare con voi di quello che ha detto il noto professor Umberto Galimberti circa "l' Erotica". Inutile dire che Galimberti ha catturato l'attenzione del pubblico (piazza Grande era stracolma di gente di ogni età) per circa 1 ora e mezzadimostrando (non che ce ne fosse bisogno) di avere una grandissima cultura su questi argomenti.
Purtroppo non sono riuscito a trovare da nessuna parte un video di quella conferenza (eppure di telecamere ce n'erano!! XD ), perciò vi dovrete accontentare di quel che riporterò (sperando di aver capito e interpretato in maniera corretta).
Mi perdonerete se non vi presento un testo organico, ma vi scrivo gli appunti (e miei minicommenti) che sono riuscito ad annotare... perciò saranno un po' frammentari. --------------------------------------- _ Amore come "mancanza/penìa" e collegamento tra la parte divina dentro di noi (inconscio/follia) e la ragione (che ci serve per la convivenza e la comunità). In questa inerpretazione si ritrovano in fin dei conti le posizioni assunte da Platone nel Simposio: Eros non è nè un dio nè uomo, è un demone che collega dèi e uomini.
_Nella mitologia omerica Eros è un dio (dell'amore ovviamente) nato da Afrodite (sessualità) e Ares (guerra), in Platone il mito viene cambiato e Eros viene "declassato" a demone nato da Penìa, la "mancanza". Se prima l'amore veniva inteso passione sfrenata ora è qualcosa che in un qualche modo mette in collegamento l'amante con l'amato. Io penso che questo cambiamento vada bene a configurarsi nell'inerpretazione galimbertiana: lui parla di amore come collegamento tra ragione e divino/follia e questa concezione dell'amore nasce proprio con Platone mentre le prime civiltà umane si stanno dando delle leggi da rispettare (ovvero dei "paletti" con cui tenere a bada il proprio incoscio). Cioè l'amore viene declassato a demone con la comparsa della civiltà (e quindi della ragione come auto-controllo), mentre prima non ce n'era bisogno di questo collegamento razionale-divino, perchè l'uomo non aveva ancora l'autocontrollo: era ancora in uno stato molto primitivo, "brado" (diremmo noi) e quindi la parte folle in noi (che Galimberti identifica con quella divina) era già tutta data.
_Tramite l'amore per l'altro (che è uscita da sè solo presupponendo l'individualismo, quindi la concezione cristiana), io mi metto in gioco e "genero" una parte del mio Io che prima non c'era. Infatti amore è amore per ciò che si crea.
_Se è vero che l'amore è desiderio (come detto prima e come è scritto nel Simposio), allora viziare i bambini è una "vera e propria violenza" [il virgolettato l'ho aggiunto io]. Così facendo, infatti, si toglie al bambino il desiderio del giocattolo, o il desiderio di fare questo o quell'altra cosa, e quindi gli si TOGLIE L'AMORE.
Guerzo
Riprendo il mito della caverna con questo bellissimo post di Enser
Platone, il mito della caverna--- da Enser ----------------------------------------- Ciao Dodi, scusa il ritardo nella risposta, proseguo nel discorso e continuo a parlare del tema fondamentale della caverna platonica, cioè dell’inganno che è insito nelle nostre percezioni sensoriali, a causa del quale noi esseri umani di norma non sfruttiamo alcune importanti facoltà “cognitive” che, almeno in teoria, secondo Platone, potremmo attivare. Se riuscissimo a farlo, compiremmo in questo modo un passo rilevante nella evoluzione umana. Io penso infatti che Platone, ed altri (pochi) come lui, rappresenti uno degli apici di questa evoluzione, che procede verso la “consapevolezza” dei processi con i quali noi conosciamo la realtà. Platone non è certo il solo ad occuparsi di questo “inganno”: la sua particolarità semmai è che lui lo fa da un punto di vista “laico”, mentre in genere questo tema (ad esempio quello ben noto del “velo di maya” di cui parla anche Schopenhauer) è connesso a temi di tipo strettamente religioso. Dicevo di Eraclito: ti trascrivo per primo l’antefatto, cioè un frammento di Aristotele, tratto da “La sapienza greca – vol. III – Eraclito” a cura di Giorgio Colli (Adelphi, p.175): <<….Omero interrogò l’oracolo per sapere chi fossero i suoi genitori e quale la sua patria e il dio così rispose: “L’isola di Io è patria di tua madre ed essa ti accoglierà morto; ma tu guardati dall’enigma di giovani uomini”. Non molto dopo … giunse a Io. Qui, seduto su uno scoglio, vide dei pescatori che si avvicinavano alla spiaggia e chiese loro se avevano qualcosa. Quelli, poiché non avevano pescato nulla, ma si spidocchiavano per la mancanza di pesca dissero: “Quanto abbiamo preso l’abbiamo lasciato, quanto non abbiamo preso lo portiamo”, alludendo con un enigma al fatto che i pidocchi che avevano preso li avevano uccisi e lasciati cadere, e quelli che non avevano preso li portavano nelle vesti. Omero, non essendo capace di risolvere l’enigma, morì per lo scoramento >>. Il frammento di Eraclito riprende il racconto dell’enigma rivolto a Omero, e lo fa per dire che tutti gli esseri umani, che Platone poi rappresenta legati in fondo alla caverna, sono ingannati in modo simile a come lo fu lui. E cioè, come ? Ecco il frammento (Op. cit., 14 [A 24], p.39) “Rispetto alla conoscenza delle cose manifeste gli uomini vengono ingannati similmente ad Omero, che fu più sapiente di tutti quanti i Greci. Lo ingannarono infatti quei ragazzi che schiacciavano pidocchi, quando gli dissero: << Tutto quello che abbiamo visto e preso, lo lasciamo; tutto quello che non abbiamo visto né preso, lo portiamo >> “. Dunque perché Omero è caduto in inganno e in che senso il suo inganno è quello di tutti noi ? La soluzione non è affatto scontata, tant’è che lo stesso Colli, commentando il brano, accenna a temi quali “.. ciò che condanna è il trasformare l’apprensione sensoriale in qualcosa di stabile, esistente fuori di noi.”(p.176) e “.. la rivendicazione mistica di una preminenza dell’interiorità rispetto alla illusoria corposità del mondo esterno” (p.177), ma a mio parere questi temi, che trovo pertinenti, non sono da lui collegati strettamente al testo del frammento. E quindi provo a farlo io: Omero, quando chiede com’è andata la pesca, sta pensando ai pesci, e i pesci si trovano in mare, ben lontani da noi... e qui sta il punto: è perché i pesci vivono all’esterno rispetto a noi che, se si pensa a loro come è indotto a fare Omero, la risposta dei marinai è un controsenso. Sarebbe illogico dire: “tutti i pesci che non abbiamo visto ne’ preso li portiamo con noi”, mentre è sensato dirlo dei pidocchi, perché si trovano già su di noi, non all’esterno. Questa è la ragione dell’inganno: Omero era indotto a pensare erroneamente ai pesci, cioè a qualcosa di esterno, anziché di interno. Allora, in che senso “gli uomini vengono ingannati similmente ad Omero” nella conoscenza della realtà ? Che ne pensi ?
CONTINUA
sissi
proverò a rispondere:Gli uomini vengono ingannati nella conoscenza della realtà perchè il loro punto di vista è proiettato verso l'esterno cioè fuori dal sè( per ricongiungermi al discorso dell'inganno di Omero) .Finchè la conoscenza del reale avviene all'esterno può trarci in inganno e falsificare le cose. L'uomo ,secondo me , sta dentro l'inganno, perchè non riesce a vivere una realtà esterna vera non avendo sviluppato all'interno di se stesso delle coordinate guida che gli permettano di muoversi percependo il vero e anche il falso: è importante secondo me capire "l'importanza del falso "che poi ci fa vivere l'inganno, ma l'inganno va vissuto per una sorta d'iniziazione alla percezione del vero che poi platone identifica con la luce ,se ricordo bene, non quella che acceca ma che rende luminosità alle cose.ciao!
perla
E' forte la filosofia, non c'è materia di studio più bella. Non è perfetta, l'unica perfetta è la matematica, e a me piace perchè dopo che hai appurato che due più due fa quattro sei a posto, soddisfatto. Però la filosofia apre le porte alla confutabilità sia dentro il nostro pensiero che, ed è molto più importante, nel rapporto di incontro col pensiero altrui perchè vivere solo del nostro pensiero sarebbe una chiusura che non libera. Abbiamo bisogno degli altri!!!
Ciao!!!
La caverna è sicura, confortante, ma la vita è fuori di lei!!
Per cambiare, sempre su Platone del quale abbiamo capito il mito della caverna. Caverna che è in noi se non giriamo la testa per guardare oltre noi una realtà circostante e vederla con gli occhi del pensiero.
Per Platone: La teoria dello Stato
Per GIUSTIZIA si intende in generale ciò che è congruo, proporzionato, esatto (e in questo senso riteniamo "giusta" una previsione o un'operazione matematica). Nel senso più stretto e filosofico del termine, per giustizia si intende l'ordine o la proporzione esistente nei rapporti interumani. Conformemente alla loro predilezione per i concetti di misura e di armonia, i greci diedero una grande importanza a tale nozione. Anassimandro vide in essa una caratteristica dell'universo stesso. I pitagorici l'assimilarono al numero quadrato, ossia all'uguale moltiplicato per l'uguale. I sofisti la interpretarono come una norma umana convenzionale che presiede allo svolgimento ordinato della vita associata (Protagora), oppure, più crudemente, come l'utile del più forte (Trasimaco, Crizia). Platone tornando a dare un significato oggettivo all'idea di giustizia vide in essa non una virtù particolare (ad es. - rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto - recare bene agli amici, male ai nemici ecc), ma una virtù universale che sta alla base dell'equilibrato attuarsi di tutte le altre virtù. Infatti secondo il punto di vista platonico la giustizia intesa come - attuazione del proprio compito - ossia come quella situazione in cui ogni parte dell'anima ed ogni classe sociale attende alla sua mansione specifica ed ha ciò che gli spetta - rappresenta la condizione indispensabile del vivere insieme ed il presupposto di qualsiasi attività umana (compresa quella di una banda di briganti). Dal punto di vista politico concreto si risolve in un tipo di Società gerarchica basata sui ruoli fissi e nettamente differenziati. Detto altrimenti, lo Stato giusto è nient'altro che la trascrizione, in chiave politica, dell'armonia e dell'ordine del Tutto. (Caratteristica metafisica dell'essere in generale (sia delle idee sia del cosmo fisico)
perla
Bellissima disquisizione di Platone
“Questo solo posso dire sul conto di tutti quelli che hanno scritto o scriveranno affermando di conoscere ciò che è l’oggetto del mio studio, sia per averlo appreso da me o da altri, sia per averlo scoperto essi stessi : che non è possibile, almeno secondo la mia opinione, che abbiano capito alcunchè in questa materia. Su ciò non esiste, né mai ci sarà, alcun mio trattato. Perché questa disciplina non è assolutamente, come le altre, comunicabile, ma dopo molte discussioni su questi problemi e dopo una lunga convivenza, improvvisamente, come luce che si accende da una scintilla, essa nasce nell’anima, e in seguito alimenta sè stessa. Tuttavia, io so che, se queste cose dovessero essere scritte o dette, lo sarebbero nel modo migliore da me, e so anche che mi farebbe molto soffrire il constatare che sono state scritte male. Se ritenessi che fosse opportuno metterle per iscritto e comunicarle a tutti in modo adeguato, che cosa avrei potuto fare di più bello nella mia vita, che mettere per iscritto una dottrina salutare per gli uomini, e portare alla luce per tutti la natura delle cose ? Ma io non ritengo che una disquisizione, come si dice, su questi argomenti possa essere un bene per gli uomini, se non per quei pochi che sono capaci, dopo poche indicazioni, di trovare da soli la verità: degli altri, alcuni si gonfierebbero di un ingiustificato disprezzo, ciò che non è bene, altri di una vuota e superba fiducia, come se avessero appreso qualcosa di sublime.” (Platone, VII Lettera, 341 c-e)
Sissi, bellissimo post, quante cose belle mi ha permesso di fare! misologia
FILOSOFIA In Platone, sfiducia e avversione per l'arte del ragionamento
Platone
Se non avessimo mai veduto le stelle, e il sole, e il cielo, nessuna delle parole che abbiamo detto sull'universo sarebbe stata mai pronunciata. Ma ora la visione del giorno e della notte, e dei mesi e dell'evolvere degli anni, ha creato il numero, e ci ha dato una concezione del tempo e il potere di indagare sulla natura dell'universo; e da questa sorgente abbiamo tratto la filosofia, di cui un bene maggiore non fu e non sarà mai donato dagli dei all'uomo mortale.
Bellissima riflessione di Diego
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